“L’ultimo respiro a Mezzogiorno” – dell’ortese Angelo Casto – non è un libro sulla questione meridionale pensato e poi scritto per sostenere una tesi predeterminata, ma è piuttosto un libro composto da riflessioni e racconti scritti nell’arco di molti anni.
Il contenuto, la tesi, il protagonista è il sud, la sua malattia (la sua morte, secondo l’autore), la lacerazione, se non addirittura la rassegnazione di chi è fatto di questa stessa terra, sotto il drammatico filo conduttore che tiene assieme elementi di scrittura nati su differenti piani temporali.
Il libro si articola essenzialmente in tre parti: dopo una premessa il libro inizia con una prima sezione, costituita da riflessioni, cronache di vita meridionale, metafore sul potere, tutte incentrate su un unico nucleo narrativo, ovvero la morte del Sud. Anche la seconda parte del libro è costituita da racconti dal taglio più drammatico e di denuncia, mentre la terza parte ha una visione più utopica, proiettata la futuro.
Tuttavia, il libro termina con un inno di amore incondizionato per la propria terra, il Mezzogiorno